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Il dentista ai tempi del Coronavirus: guida al virus e alle vie di trasmissione

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Ciao te caro lettore, il dentista è una delle professioni che è maggiormente esposta a quelle che possono essere le infezioni, sia batteriche che virali. Nel bagaglio di formazione del dentista è presente già da svariati decenni la cultura dei dispositivi di protezione individuale e la sterilizzazione degli strumenti. Lo scopo di questo articolo è quello di illustrare come noi siamo già formati a proteggere noi stessi ed i pazienti e di spiegare cosa cambierà con le nuove misure di sicurezza dovute alla pandemia di Coronavirus.

Iniziamo subito, ma prima una premessa: una delle regole più importanti per un dentista è trattare ogni paziente come potenzialmente infetto. Proprio per questo motivo, al di là di quelle che possono essere le novità, noi dobbiamo prestare la massima cautela con ogni persona che trattiamo.

 

Ma prima di tutto, cosa sono i virus?

I virus sono dei microrganismi che necessitano della presenza di altri organismi per potersi replicare in quanto sprovvisti di apparato di replicazione genetica. I virus possono infettare umani, animali, vegetali, batteri o addirittura altri virus.

I  virus son divisi, secondo la classificazione di Baltimore, in 7 classi. Questa classificazione prende in considerazione il tipo di sostanza di cui è composto il virus (DNA, RNA), la polarità (destra o sinistra) e le strategie di replicazione.  I virus quindi variano da virus a DNA a doppia catena a virus a DNA a singola catena per arrivare infine ai virus ad RNA come il Coronavirus.

I virus ad RNA hanno una capacità di mutazione più elevata rispetto a quelli a DNA, in quanto mancano diversi meccanismi di correzione genetica durante la replicazione. Questo li rende in costante evoluzione e molto più insidiosi, più resistenti ai farmaci e più difficili da gestire dal punto di vista della prevenzione coi vaccini. Tenendo in considerazione tutto questo iniziamo ad inquadrare questo microrganismo.

I Coronavirus sono dei virus a singola elica di RNA positiva, appartenenti alla famiglia dei Coronaviridae, che normalmente sono associati a sindromi piuttosto leggere come i raffreddori. Il nome di questi virus deriva dalla loro forma visibile al microscopio elettronico a trasmissione. La presenza di alcune spicole, dette spikes, che vanno dalla superficie esterna sino al rivestimento del virus, è quella che determina la tipica forma a corona. Le dimensioni di questo virus vanno dagli 80 ai 160 nanometri. Per dare un’idea di quanto questo virus è piccolo possiamo dire che in un millimetro cubico possono essere presenti ben 10000 unità di questo virus.

Si tratta di una classe di virus poco conosciuto, tant’è che nei libri di microbiologia esso occupa un piccolo capitolo di qualche paginetta. Il primo interesse per questo virus è nato in seguito alle epidemie di SARS che si sono sviluppate a partire dal 2002 in Cina da parte del patogeno SARS-CoV. La SARS è una polmonite atipica caratterizzata da un elevato tasso di letalità pari al 9,6%.

Successivamente ci son state altre varianti del virus come ad esempio il MERS-Cov responsabile della sindrome respiratoria del Medio-Oriente, con un tasso di letalità che arrivava al 34%.

Il virus è tornato alla ribalta e in una nuova forma dopo le epidemie a fine 2019 della regione di Wuhan in Cina.

Il meccanismo con cui crea danno ai polmoni sembra essere ricondotto, secondo gli ultimi studi, allo sviluppa di una tempesta citochinica che danneggia i polmoni, rendendoli meno funzionali e richiedendo, nei casi più gravi, l’utilizzo di ventilazione assistita. Uno dei mediatori citochinici maggiormente coinvolti è l’IL-6 (Interleuchina 6), oggetto di studio e il cui recettore è bersaglio di alcuni farmaci utilizzati in via sperimentale come il tocilizumab.

Di conseguenza è di fondamentale importanza ridurre il numero dei contagi per evitare di superare le capacità degli ospedali che non hanno respiratori a sufficienza. Per farlo è necessario, oltre che rimanere a casa, conoscere come funzionano le varie forme di trasmissione dei virus e più in particolare quella aerea.

 

Come avviene il contagio?

I virus ed i microrganismi più in generale  normalmente si trasmettono in 5 modi: via aerea, via oro-fecale, via parenterale, via sessuale e via transplacentare. L’ultimo caso è detto anche trasmissione verticale, cioè da madre a figlio. Alcune malattie tipiche di questa forma di contagio sono la rosolia e la sifilide.

La trasmissione oro-fecale riguarda i microrganismi che si trasmettono attraverso il canale digerente con l’ingestione di alimenti o bevande. Alcune esempi sono il colera, il tifo o l’epatite A.

La via parenterale riguarda il contagio tramite ferite, spesso anche di modeste dimensioni, le trasfusioni di sangue o le punture di insetto. Nel caso delle ferite ricordiamo il carbonchio o il tetano, nel caso delle punture di insetto possiamo ricordare la malaria o la febbre gialla e nel caso di trasfusioni o iniezioni possiamo ricordare l’epatite C (HCV) o l’HIV.

La via sessuale riguarda il contagio tramite microferite e secrezioni di fluidi che si possono sviluppare durante l’attività sessuale. Fra questi ricordiamo l’HBV, l’HIV, la sifilide e la gonorrea.

La trasmissione del Coronavirus, comune ad altri virus come quelli influenzali, è esclusivamente per via aerea (la via transplacentare è ancora oggetto di dibattito) e può avvenire in due modi: per via diretta o per via indiretta.

Nel primo caso esso si trasmette tramite le goccioline di saliva che vengono rilasciata dall’infetto alla persona sana in maniera diretta, ad esempio con la tosse o con gli starnuti. Nella via indiretta  è invece presente un tramite che può essere costituito dalle superfici inanimate nelle quali il virus si deposita o dall’aria stessa. Il paziente, una volta entrato a contatto con le superfici infette con le mani, può poi portare queste ultime alla bocca o al naso favorendo così il contagio.

I virus a trasmissione aerea sono quelli più difficili da controllare e possono propagarsi molto rapidamente portando allo sviluppo di focolai epidemici.

In questi giorni avrai senz’altro sentito parlare di droplet. Di cosa si tratta? In inglese goccia si dice drop, il droplet non è nient’altro che il sistema di contagio del virus che avviene mediante il rilascio di goccioline infette.

Il pericolo spesso è rappresentato proprio dall’aerosol. Ma cosa si intende esattamente con questo termine?

Il termine aerosol fu coniato per la prima volta nel 1969 da Micik R.E. e colleghi nel loro lavoro dedicato all’aerobiologia. L’aerosol veniva definito come l’insieme di particelle di diametro inferiore a 50 micrometri (un micrometro è un millesimo di millimetro) in grado di rimanere nell’aria per un periodo di tempo prolungato prima di adagiarsi sulle superfici o penetrare nel tratto respiratorio.

Un cugino dell’aerosol è lo splatter, cioè il getto di particelle di diametro superiore a 50 micrometri che viene sparato con forza dal sito operativo a una superficie o al pavimento con una traiettoria simile al proiettile.

I nuclei infetti che provengono dall’aerosol o dallo splatter possono contenere tantissime particelle di virus senza problemi, esso infatti ha delle dimensioni che vanno dagli 80 ai 160 nanometri.

L’aerosol e lo splatter son i responsabili della trasmissione del Coronavirus, e tutti i dispositivi di protezione di cui parleremo si rifanno proprio a questi concetti.

 

Con oggi penso di aver descritto abbastanza su questo virus! Ti aspetto nei prossimi articoli.

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